Se Facebook non paga le royalties degli artisti

E’ il paradosso dell’industria musicale moderna, forse uno dei maggiori. E’ Hypebot a mettere in evidenza che ci sarebbe una violazione enorme, in termini di royalties musicali, alla luce del sole. E la cosa più sorprendente è l’autore di tale infrazione: Facebook. 

Ebbene si. Difficile immaginarlo, ma ad oggi la piattaforma di Zuckerberg si nasconde dietro il DMCA, il Digital Millennium Copyright Act, la legge statunitense in materia di copyright, la quale

rende illegali la produzione e la divulgazione di tecnologie, strumenti o servizi che possano essere usati per aggirare le misure di accesso ai lavori protetti dal copyright ed inoltre criminalizza l’elusione di un dispositivo di controllo d’accesso, anche quando non vi sia un’effettiva violazione del diritto d’autore.

(Fonte: Wikipedia)

Facebook ha la capacità di poter mettere a disposizione degli artisti una piattaforma attraverso cui poter attrarre nuovi ascoltatori, interagire con i fan, fornire aggiornamenti costanti (basti pensare alla capacità di poter creare degli eventi per i propri live).

Ma ciò che non dice è che la musica che “ospita” sulla piattaforma la ottiene gratuitamente, senza dover offrire nulla in cambio. E che, soprattutto, può invece sfruttare tutti i dati dei fan iscritti alla pagina. Età, sesso, provenienza, interessi… Così come poter rivendere come keyword il nome di quell’artista. Tutte royalties o “provvigioni” che dovrebbero piuttosto essere versate ai legittimi proprietari.

Facebook svolge un ruolo fondamentale in questa fase storica per poter incrementare il numero dei propri fan. E’ un fatto. Dunque cosa dovrebbe fare un artista? Rinunciare alla visibilità per una questione di principio? Il consiglio è quello di esserci, di presidiare la piattaforma, ma anche di estendere la propria rete ad altri strumenti del web. In sostanza, se parliamo di un “patto” tra Facebook ed artista, è necessario esser consapevoli di quanto il vantaggio penda dalla parte di Zuckerberg e che correttivi possano essere attuati: ad esempio, poter negoziare tale scambio ad esempio sotto forma di sconti sulle inserzioni.

Confidiamo che una presa di coscienza collettiva da parte degli artisti, più o meno affermati, possa facilitare un cambio di rotta per la questione copyright su Facebook.

Rispondi