Per il quarto anno consecutivo cresce il mercato discografico italiano, ma nel 2016 del solo 0,4%. Lo studio di Fimi realizzato da Deloitte.
Che pena vedere lo stato del nostro mercato discografico. Nonostante i picchi raggiunti dallo streaming e dai vinili, in Italia si registra una crescita rispetto al 2015 di uno scarsissimo 0,4%. È quanto emerge dallo studio realizzato da Deloitte per Fimi, i cui risultati sono stati pubblicati pochi giorni fa.
Formati e ricavi del mercato discografico italiano
Il mercato italiano nel 2016 ha raggiunto il valore di 149 milioni di euro, per il quarto anno consecutivo con un tasso positivo, seppur decisamente inferiore al 21% di aumento che fu riscontrato nel 2015 rispetto all’anno precedente.
Diminuiscono ulteriormente le vendite dei supporti fisici, con i cd tuttavia a mantenere il ruolo di leader con il 54% dei titoli venduti in questo formato. Lo streaming cresce del 39,4% e rappresenta ad oggi la seconda fonte di guadagno, con un guadagno pari ad oltre 35 milioni di euro.
Anche sulle vendite di vinili si riscontra un significato aumento, esattamente del 52% rispetto al 2015. Nel 2016, il formato ha raggiunto il 6% del totale, per un totale di ricavi pari a poco più di 9 milioni, una crescita del 330% rispetto al 2012.
Scendono i download del 23%, mentre crescono gli introiti dalle pubblicità che accompagnano i video in streaming, con un aumento del 4,3%.
Il dato più interessante è però costituito dai dischi più venduti. Nella top 20, 17 sono dischi realizzati da artisti italiani, con i soli Coldplay, Adele e David Bowie ad interrompere un’egemonia senza eguali.
Il quadro emerso è desolante. Mentre all’estero il mercato discografico torna a respirare dopo anni in cui la pirateria prima e YouTube poi, hanno fornito agli utenti facili alternative per ascoltare musica, il nostro contesto evidenzia un mercato stagnante, trainato dai soliti noti, incapace di rinnovarsi.
Quanto ci vorrà per una rinascita culturale?